Pierre Gimonnet: meglio gli assoli?
Con un patrimonio vitato di ben 28 ettari, Pierre Gimonnet è tra i più grandi (se non proprio il più grande…) vigneron della Champagne. Il domaine è guidato da due dei quattro fratelli, Olivier e Didier, ed è quest’ultimo che ho incontrato durante l’ultima vendemmia in champagne, come avrete avuto modo di vedere. Sapevo della sua straordinaria conoscenza dello champagne e della Champagne, conoscevo molto bene la sua filosofia, ciò nonostante – e a dispetto del fatto che fosse decisamente occupato con la vendemmia – abbiamo avuto uno scambio di opinioni a dir poco interessante. Soprattutto, ho definitivamente compreso lo stile degli champagne Pierre Gimonnet.
In proposito, apro una parentesi, se permettete. Non mi piacciono le degustazioni alla cieca. Qualcuno controbatte che ci sarebbe il rischio di farsi influenzare dall’etichetta? Beh, spero vivamente che chi scriva di vino abbia l’onestà intellettuale, la bravura e la necessaria esperienza per evitare di incorrere in questo errore. Non solo: l’influenza dell’etichetta è vera fino a un certo punto. Voglio dire che, di fronte all’etichetta X, si potrebbe anche partire condizionati dalla sua fama, ma si potrebbe pure rimanere delusi dall’oggettiva qualità del vino e, pertanto, giudicarlo al ribasso rispetto alle aspettative: non mi sembra proprio un condizionamento, anzi! Invece, con l’etichetta Y potrebbe accadere esattamente il contrario, quindi un vino ipotizzato come mediocre poi rivelarsi ottimo. Allora come la mettiamo? Ma c’è un altro aspetto, lo stile del produttore. Se un produttore nel proprio vino ricerca in maniera evidente, ad esempio, la maturità di frutto e io, assaggiando alla cieca non lo so, potrei benissimo bocciare quel vino in quanto eccessivamente marcato su questo aspetto. E farei uno sbaglio, perché era proprio quello l’obiettivo del produttore… Rifletteteci sopra.
Ma torniamo a Gimonnet. Didier plaude a un clima che permette di avere uve più mature, ma mette in guardia dagli eccessi. Fa notare, giustamente aggiungo, che soprattutto la nuova generazione di vigneron guarda troppo alla Borgogna, con lunghe attese prima della vendemmia per avere maturità ancora più alte. Ma la Champagne non è la Borgogna ed eccessi di rotondità, di vinosità, e le ‘ultra concentrazioni’ non fanno parte del bagaglio stilistico dello champagne, che è finezza da secoli. Per Didier Gimonnet lo champagne deve avere ricchezza ma non opulenza e non può prescindere da freschezza ed eleganza. Un’analisi perfetta, a pensarci, e molto rispondente alla Champagne di oggi. Ma anche la chiave per capire appieno gli champagne Pierre Gimonnet, il cui stile rotondo, ma di eccezionale finezza e freschezza, rappresenta l’interpretazione dei due fratelli e non va confusa con un’eccessiva leggerezza. Anche perché, alla fin fine, a giovarne è la bevibilità premiante…
Entrando più nel dettaglio degli champagne Pierre Gimonnet, invece, i due fratelli hanno da sempre creduto nell’assemblaggio, infatti, pur producendo una gamma composta quasi esclusivamente da blanc de blancs, questi sono tutti assemblaggi di diversi territori della Côte des Blancs, dove i fratelli hanno i loro vigneti. Alla luce di ciò, pertanto, rappresentò un po’ una sorpresa lo scorso anno veder lanciare un nuovo champagne figlio di un solo (Grand) Cru, Oger, presentato in anteprima in Grandi Champagne 2018-19. Però, i fratelli Gimonnet hanno spiegato che, in occasione di una grande annata come la 2012 (definita da Didier “classique champenoise”), si trovarono con alcune uve di tale personalità che sarebbe stato un peccato impiegarle come di consueto in assemblaggio. Ne approfittarono, allora, per ‘raccontare’ tre Grand Cru dove possiedono vigneti secondo la loro visione, o, se preferite, la loro interpretazione di questi… Già, perché quest’anno a Oger hanno fatto seguito anche Cramant e Chouilly, sempre targati 2012.
È proprio quest’ultimo che racconto. Che, a differenza di Oger (4 parcelle diverse), è frutto di un solo lieu-dit, il celebre ‘Montaiugu’, piantato tra il 1951 e il 1991 su suolo di pura craie. Siamo, dunque, nella parte più meridionale del Grand Cru di Chouilly, la migliore, ma per maggiori dettagli… vi rimando al prossimo libro ‘La Mia Champagne’, nel quale tratterò in dettaglio le caratteristiche di diversi Cru della Champagne. Le uve di questo champagne sono state vendemmiate a “maturité optimale” il 21 settembre 2012, non è stata effettuata alcuna chaptlisation e sono state poi fermentate in cuve, dove i mosti sono rimasti sulle proprie fecce per 6 mesi. A seguire, lo champagne è stato tirato il 22 aprile 2013 in sole 3.003 bottiglie, degorgiato a luglio 2017 e dosato a 4 g/l.
Chouilly Grand Cru 2012
100% Chardonnay
Se il buongiorno si vede dal mattino… Naso immediatamente coinvolgente, molto Chouilly, ma anche (giustamente…) molto Gimonnet, intensamente agrumato e minerale, arricchito da note fumé e tostature, con un tocco esotico. È insolitamente ricco, ma bello verticale e indubbiamente elegante. Bocca sorprendentemente cremosa, di bollicina fine e fitta, ancora nettamente agrumata e minerale, con una distensione che sa abbinare finezza a intensità. Chiude così, lungo e molto persistente. Un ottimo champagne, anzi un ottimo blanc de blancs, veramente molto interessante, di splendida fattura, perfetto nell’unire lo stile Gimonnet alla tipicità di Chouilly, assolutamente centrato nel dosaggio. Che aggiungere? Bravi!
Voto: 93/100
Gli champagne Pierre Gimonnet sono distribuiti in esclusiva da:
Gruppo Meregalli– tel. 039/2301980 – www.meregalli.com
Ciao Alberto, dopo questa tua ottima recensione, credo che dovrò muovermi per assaggiare anche questo. Conosco Gimonnet per aver bevuto il secondo me ottimo Oenophile 2008, cosa mi dici del 2012? Grazie mille e complimenti
Marco
E pensare che l’Oehophile 2008 è quello che mi convince meno… Il 2012 è meno ‘secco’ e lo preferisco, ma in questo momento trovo veramente piacevole il Gastronome 2014! Dopo questi 2012 ‘speciali’, ovviamente…