Pinot Noir: Ambonnay chiama, Bouzy risponde. Con i fratelli Paillard…
Tra le rivalità champenoise, una delle più simpatiche è quella che vede contrapposti i due villaggi Grand Cru di Ambonnay e Bouzy, grandi enclavi del Pinot Noir nella parte sud della Montagne de Reims. “Bouzy è migliore” ci scherza su con sorriso Antoine Paillard, che insieme al fratello Quentin guida con passione e una competenza stupefacente per l’età il domaine di famiglia, votata alla viticoltura nel villaggio da ben due secoli! Va bene, alla fine bisogna riconoscere l’oggettiva superiorità di Ambonnay (come analizzerò a fondo nel libro La Mia Champagne), nonostante entrambi i villaggi godano di pari classificazione, ciò nonostante a Bouzy ci sono dei vigneron che lavorano molto, ma molto bene. Mi viene in mente Cyril Collard, mi viene in mente ancor più Benoît Lahaye, ma mi vengono soprattutto in mente i summenzionati fratelli Paillard. Che sì, sono cugini del più noto Bruno. Sono loro ad aver ricevuto dal padre, abile enologo, il timone della proprietà di Bouzy e, a dispetto degli 11 ettari di proprietà, hanno recentemente cambiato lo status da RM e NM per avere le mani libere e acquistare alcune uve anche da amici vigneron. Giovani come loro, a rappresentare quel nuovo cambio generazionale che sta un po’ rivoluzionando la Champagne dopo quello dei primissimi anni Duemila.
La Pierre Paillard è già stata presente nelle due ultime edizioni della guida e, dopo un’onesta prestazione nell’edizione 2016-17, ha dimostrato di aver compiuto un sensibile passo in avanti nella successiva (l’attuale 2018-19), quindi con la gestione passata definitivamente ai due fratelli. Era ovvio che prima o poi sarei dovuto passare a trovarli e finalmente ce l’ho fatta lo scorso 20 dicembre, quando ho trascorso una mezza giornata di rara piacevolezza con Antoine e Quentin. Oltre ad aver approfondito la loro filosofia, ho assaggiato tutta la gamma attualmente sul mercato, trovando conferme rispetto a Grandi Champagne 2018-10, ma soprattutto crescite importanti. Come il loro blanc de noirs millesimato Les Maillerettes, frutto di una delle parcelle più preziose del domaine, piantata dal loro nonno nel 1970 con una selezione massale (non clonale…) di Pinot Noir ben diverso da quello usato oggi in Champagne, molto più produttivo. Si trova nel cuore del territorio di Bouzy e il suolo è costituito da soli 45 di agrilla prima della pura craie, che è poi la tipica conformazione del suolo del villaggio. Neanche a dirlo, la viticoltura è rigorosamente organica dal 2011, mentre i fertilizzanti non sono più usati da più di 20 anni. Nello specifico di questa parcella, invece, una decina di anni or sono Antoine e Quentin ne hanno ripiantato una parte e ho assaggiato con loro, direttamente dalla barrique, questi vini della vendemmia 2018: i migliori vins clairs di quest’annata finora! Invece, come champagne Les Millerettes assaggiato, nel corso della degustazione m’è capitato il 2013, quindi un millesimo che si sta rivelando sempre più interessante, riportando non solo alle più classiche caratteristiche champenoise, ma a una piacevolezza che, alla fin fine, rende l’annata perfino più coinvolgente della blasonata (e osannata…) 2012. I mosti di Les Maillerettes venivano fermentati in acciaio (per il futuro, come avrete capito, si passerà in parte al legno, ma anche all’uovo in cemento), dove restavano per nove mesi sulle proprie fecce; poi tiraggio, quattro anni sui lieviti e dosaggio a 2,7 g/l. La produzione è – ahimè – per forza di cose limitata.
Les Maillerettes 2013
100% Pinot Noir
Naso immediatamente convincente, prima di tutto giocato su note di craie più che di frutto, senza dubbio fresco, mai concentrato, tutt’altro che scuro, ovvero luminoso, con un tocco tropicale e di spezie che intriga. E non è certo un Pinot Noir potente ed esuberante, bensì molto elegante, pulito, preciso. Bocca fresca, tonica, succosa, distesa, asciutta, lunga, saporita, davvero pulitissima. Ha tanta mineralità di craie, che è un po’ la firma della maison, croccantezza di frutto mai in troppa evidenza, bella struttura e un finale vivace nella sua scia salina. Dopo un 2010 senza dubbio valido (Grandi Champagne 2018-19), questo 2013 decolla: grande champagne, prima che grande blanc de noirs, di una finezza e un gusto pazzeschi! L’equilibrio cardine della filosofia dei fratelli Paillard è qui perfettamente espresso! Se continua così, i vicini di Ambonnay inizino a preoccuparsi…
Voto: 94/100
Oramai sapete che i miei gusti vanno più verso lo Chardonnay che il Pinot Noir, ciò nonostante devo ammettere che recentemente sto ‘inciampando’ in una serie di blanc de noirs veramente molto interessanti. E questo più che interessante e veramente eccezionale, andando a insidiare molto da vicino un mostro sacro del villaggio adiacente e rivale. Potrebbe trattarsi di un episodio ‘aiutato’ dall’annata? Non credo, ma, per averne la conferma definitiva, aspettiamo le degustazioni di Grandi Champagne 2020-21… Nel frattempo, vi consiglio di non farvi scappare questo Les Maillerettes 2013, prima che finisca!
Gli champagne Pierre Paillard sono distribuiti in esclusiva da:
Gaja Distribuzione – Tel. 0173/635255 – www.gajadistribuzione.it
Ciao ad Alberto e a tutti gli appassionati di bollicine. Buono a sapersi di questi tuoi ottimi punteggi a bdn ultimamente, ne terrò conto anche di questo. Volevo chiederti cosa ne pensi di Soutiran (non Patrick) di Ambonnay? Ho appena acquistato ad ottimo prezzo il rose de saignee 2008 (millesimo non dichiarato) con oltre 8 anni sui lieviti e sono molto curioso di provarlo.
Grazie mille
Marco
Non li riassaggio da un po’, ma li ricordo non male. Infatti sto valutando una visita per vedere se metterli nella prossima edizione della guida. Per ora, però, non me la sento di dire di più perché è passato un bel po’ di tempo… Fermo restando che dei due Soutiran è il più interessante.
Questo è una vera bomba…a trovarne!
Rispetto alle note, che condivido ma per me è già “mito”, mi ha impressionato il colore quasi roseo e la struttura del vino intesa come pienezza in bocca. Forse perchè bevuto al fianco di un pn di Ambonnay, Marie Ledru, di tutt’altra fattezza… non meno buono, ma più “esile” a confronto.
L’ho trovato potente nel senso che ritorna per minuti dopo la deglutizione e insiste sulla lingua con sensazioni di piccantezza.
Bellissimo!!!
Deg.01/2018
Preso dall’euforia e felicità della bevuta ho scritto una mail(per quel che può valere… ) alla Pierre Paillard complimentadomi per il vino da applausi! Grandi loro e grande anche Fabrice Pouillon!!
Comunque, se questo fa solo acciaio, perché passare al legno? Straordinario già così
Per fare meglio… No?
mmm me lo auguro! In genere legno=più tempo post degorgement per assorbirlo.
Detto questo ho bevuto di recente il bdn di Lahaye, 1 con sboccatura recente 10/2018 e l’altro un po’ più vecchiotto 10/2015, per citare qualcuno che utlizza il legno, stessa zona(?).
Imbevibile il primo, straordinario il secondo.
Paillard si beveva a ottobre 2018 e si beve già molto bene con degorgio 01/2018.
Temo solo di dover aspettare anni per goderlo senza vaniglia, ma resto fiducioso sentite le ultime versioni e l’abilità del produttore.
É giusto definirlo un pinot nero atipico questo di paillard o di bdn simili, per colore e struttura, ce ne sono altri? O meglio, con chi può essere paragonato?
Cosa gli manca per arrivare al bdn di Egly-Ouriet? L’uso del legno?
oppala, riporto su
Mi son perso qualcosa?
Volevo chiedere, con quali altri vini può essere paragonato les maillerettes, per colore e struttura? Mi piacerebbe recuperare qualche bottiglia simile… pensavo alla FIdele di Vouette & sorbèe, di cui ricordo un colore roseo e al les crayers di egly-ouriet più o meno sugli stessi toni… poi però non ne conosco altri. Insomma dei pn spremuti poco e tendenti al rosa.
Grazie mille per il suo conributo. É anche grazie a Lei se mi sono innamorato di questo vino splendido!
No, no, Fidèle ha uno stile completamente diverso! Un paragone è difficile, perché la firma stilistica del produttore è unica. Comunque potrei collocarlo in mezzo tra Egly-Ouriet e Benoit Lahaye, al limite…
Porti pazienza, son consumatore ancora ingenuo 🙂 ….provo a dirlo in altre parole, a me stupisce il bdn quando è tenuto rosa, trovo che questa caratteristica conferisca al vino più frutto (?) , più rosso che bianco… al netto delle firme stilistiche, il cui discernimento ancora mi sfugge, trovo che sia possibile un paragone fra vini di villagi diversi ma accomunati dalla scelta sul colore del vino(posto che sia è una scelta)…
É un paragone più terra-terra quello che mi chiedo, ovvero per colore piuttosto che per firma stilistica… comunque grazie!
Mi viene in mente anche il bdn di Rodez