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Rosé

La pazienza e il credo di Benoît Marguet. Che oggi vince anche in rosa…

Fortunatamente (sì, fortunatamente) la moda del ‘bio’ nel mondo del vino si sta attenuando. Calma, il fortunatamente si riferisce alle storture, ai credo da talebani (o “enofighetti”, come...
di Alberto Lupetti

Champagne Margret Rosé Shaman 15

Fortunatamente (sì, fortunatamente) la moda del ‘bio’ nel mondo del vino si sta attenuando. Calma, il fortunatamente si riferisce alle storture, ai credo da talebani (o “enofighetti”, come li definisce molto acutamente il mio amico Luciano Pignataro), che hanno fatto tanto male al vino con la loro idea che indice della qualità fosse unicamente la natura ‘bio’ e non il gusto, messo in secondo piano in nome di un’ideologia folle. Ma gli appassionati e lo stesso grande pubblico non sono stupidi e hanno ben capito un concetto fondamentale: un vino deve essere prima di tutto piacevole, poi se è anche ‘bio’ meglio. Ed è esattamente per questo motivo che il ‘bio’ (inteso tanto come classico biologico, quanto biodinamico) è oggi meno moda e più sostanza. Nel vino e, soprattutto, nello champagne. Lo abbiamo visto recentemente con Jacques Beaufort, lo vediamo oggi con Benoît Marguet, guarda caso anche lui in quel di Ambonnay. Ma Marguet è oltre il biologico, è biodinamica, pura, forse anche estrema, direi assoluta. E la cosa più importante è che Benoît non lo fa per seguire un filone potenzialmente di successo, men che meno per moda, assolutamente no per marketing, ma per convinzione. Benoît è biodinamico perché ci crede!

Benoît Marguet
Benoît Marguet, erede di un’antichissima famiglia di vigneron di Ambonnay, è forse il più puro e convinto biodinamico di Champagne. E, dopo alcuni anni di ‘messa a punto’, possiamo dire che abbia finalmente trovato la quadra.

L’ho detto e lo ripeto: il vino dipende da un ciclo produttivo che ha bisogno di tempo, lo champagne ancor più e, se a tutto ciò aggiungiamo anche la biodinamica, ecco che le tempistiche si dilatano ulteriormente. Voglio dire che Marguet ha avuto bisogno di tempo, nel senso che fino a un paio di anni fa la maggior parte dei suoi vini era ancora molto particolare, estrema direi, ma a un certo punto c’è stato il salto di qualità e, allora, ecco questi champagne essersi fatti molto meno elitari, ovvero puliti, precisi, assolutamente genuini, senza dubbio piacevoli. Ed energici. Quindi nel pieno rispetto del credo di Benoît, che persegue proprio l’armonizzazione degli elementi della Terra, l’espressione della loro energia, l’espressività dei singoli luoghi. Il che porterebbe Benoît ben oltre la biodinamica. In vigna e in cantina. A proposito della vigna, a seguito della suddivisione dell’eredità della famiglia Marguet del 2012, Benoît è riuscito a organizzarsi in modo da avere un patrimonio vitato composto esclusivamente da parcelle estese (conditio sine qua non per fare ‘bio’ in maniera reale e realistica), con il plus di vendere le uve dei due filari esterni a ciascun lato, in modo da evitare ‘contaminazioni’. Le vigne sono allevate con il cavallo e trattate esclusivamente con composti organici, tisane e infusi. In cantina, pompe e travasi sono accuratamente evitati e la fermentazione (con lieviti indigeni selezionati dallo stesso Marguet) è passata oggi interamente al legno; la malolattica è svolta per tenere al minimo la SO2. Non basta: Benoît ha bandito la liqueur d’expédition, quindi tutti i suoi champagne sono assolutamente ‘brut nature’ e, dopo il dégorgement, il produttore è costretto a sacrificare alcune bottiglie per la rifinitura. Ma approfondirò l’universo Marguet nella prossima edizione di Grandi Champagne e, ancor più, ne La Mia Champagne, il libro di cui devo chiedere al più presto un parere a voi lettori al più presto…

Cavalli
A differenza di molti altri in Champagne, Benoît Marguet non ricorre a ‘prestateur’ per i cavalli atti a lavorare le vigne, ma ne ha due propri.

La gamma Marguet vede una cuvée de prestige, poi una serie di millesimati che sono espressione di alcuni Cru o di alcune parcelle e, infine, due classici non millesimati. Uno bianco e uno rosato, entrambi battezzati Shaman e con l’annata base dichiarata in etichetta. Ora siamo sui due ‘15’, quindi 2015, con vins de réserve delle due annate precedenti (2014 e 2015) pari a circa il 25% dell’assemblaggio. Entrambi sono fatti sempre e unicamente con uve della natia Ambonnay e della vicina Bouzy. Curioso scoprire come lo Shaman Rosé rappresenti ben il 30% dell’intera produzione, il che fa di Marguet il più grande produttore di rosé in Champagne, in proporzione, ovviamente. E non dite a Benoît che si tratta di moda, perché vi controbatterà ricordando che i rosé si fanno in Champagne da più di due secoli. Ah, una curiosità: Benoît assembla i rosé nel bicchiere nero in modo che il colore non lo influenzi involontariamente… Ed è proprio questo rosé non millesimato che vado a raccontare, assaggiato nel corso di una sontuosa degustazione fatta neanche un mese fa.

Controetichetta Margret Rosé Shaman 15
Ricca di informazioni la controetichetta, che ci fa conoscere anche il periodo di permanenza sui lieviti (poco più di due anni) e, ovviamente, le varie certificazioni biologiche e biodinamiche.

Shaman 15 Rosé

Bottiglia di champagne Margret Rosé Shaman 1527% Pinot Noir, di cui il 5% in rosso, 73% Chardonnay
Il primo naso fa capire immediatamente che quel po’ di vino rosso ha fatto tanto e cambiato parecchio l’espressione rispetto allo Shaman bianco. Non tanto perché marchi la natura di rosato, ma in quanto più raffinato, agile e preciso, fresco. Gioca soprattutto sulla florealità (lavanda, verbena, viola), quindi le erbe aromatiche – una sorta di filo conduttore degli champagne di Marguet – e, con l’attesa, pure note di fragolina selvatica, ribes, siepe di agrumi, oltre a una sottile mineralità che intriga e tiene incollati al calice. Insomma, è un olfatto estremamente complesso ma sottile, raffinato, ben definito. Il palato ne è esattamente il riflesso: elegantissimo, succoso e ampio, animato dalla freschezza agrumata, con un centro bocca invece fruttato, ‘dolce’ e salino. E la bollicina puntiforme non fa altro che ben supportare la progressione gustativa, che culmina in un finale pulito e nettissimo di craie. Ottimo.
Voto: 91/100

(ha collaborato alla degustazione Vania Valentini)

Un rosé atipico, ma assolutamente vincente, che ti conquista pian piano per diventare a un certo punto irresistibile. Un rosé cristallino, discreto e raffinato, che ben rispecchia l’attuale stile degli champagne di Marguet, che ci stanno piacendo sempre più. Un rosé che non sembra affatto un pas dosé tanto è equilibrato. Bravo Benoît!

Gli champagne Marguet sono distribuiti in esclusiva da:
Les Caves de Pyrene – tel. 0173/617072 – www.lescaves.it

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2 risposte a “La pazienza e il credo di Benoît Marguet. Che oggi vince anche in rosa…”

  1. Buongiorno Alberto,
    concordo pienamente con il suo articolo su Marguet! Di recente ho ribevuto il millesimato 2008 Ambonnay (ormai con 5 anni di sboccatura alle spalle) e l’ho trovato davvero buono, equilibrato, con un ottimo potenziale di sviluppo davanti a se (forse perché figlio di una grande annata?).
    Volevo inoltre complimentarmi per la splendida serata che ha condotto ieri sera presso AIS Milano che mi ha permesso di avere ulteriore conferma che, rispetto a quello che spesso si crede, in champagne non tutto è stato ancora scoperto: mi riferisco in particolare a Gallois-Bouché, che con il suo Fut de Chenne 2013 mi ha davvero stupito! Peccato solo per i numeri di produzione davvero limitati!
    Ci rivedremo di sicuro ad un prossimo appuntamento di degustazione.
    Buona giornata.
    Claudio (da Varese)

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