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Nel calice di Vania

Ferrari, onore al merito

Prima di lasciarvi alle parole di Vania, vorrei esprimere rapidamente il mio pensiero su Ferrari, anche perché per me questa visita raccontata da Vania ha rappresentato ‘la prima...
di Vania Valentini

5 bottiglie di Ferrari Trento doc

Prima di lasciarvi alle parole di Vania, vorrei esprimere rapidamente il mio pensiero su Ferrari, anche perché per me questa visita raccontata da Vania ha rappresentato ‘la prima volta’. Conoscendo da tempo prima Marcello Lunelli e poi Ruben Larentis, ho avuto modo di assaggiare più volte i vini di Ferrari, anche come anteprime, tuttavia non avevo mai visitato la cantina di Trento, men che meno l’avevo fatto in compagnia di Matteo e Camilla Lunelli. Che dire? Ho trovato una realtà capace di camminare sul filo del rasoio tra tradizione e modernità, ossia con un dinamismo capace di far convivere gesti di assoluta artigianalità (i bicchierini del caffè messi a protezione della coiffe dei grandi formati quando, dopo il dégorgement e l’habillage, tornano in cantina prima della spedizione), con il marketing (la F1, ad esempio). Più d’ogni altra cosa, però, ho avuto conferma della bravura di questa cantina nel fare vini spumanti di riferimento. E farlo con numeri senza dubbio importanti, il che aggiunge ancora maggior valore al loro savoir-faire. La mia marcata inclinazione champenoise mi porta involontariamente a parametrarmi sullo champagne quando assaggio una bollicina italiana… non ci posso fare niente, è così, ecco, con i vini di Ferrari è uno di quei rarissimi casi in cui mi trovo meno spiazzato. I Ferrari hanno precisione e freschezza, vinosità ed energia, soprattutto una longevità che mi ha lasciato di stucco (che dire di un ‘semplice’ Perlé 2007 sboccato nel 2011 e oggi semplicemente perfetto?). Posso dire che trovo impareggiabile la bevibilità del Brut, lontano da ogni banalità e a mio avviso superiore al Maximum di indirizzo gastronomico. Il Perlé è stato una sorpresa, ma lo è se gli lasciate tempo, cosa di cui ha bisogno anche il Perlé Bianco, mentre lo Zero dipende tanto dall’assemblaggio frutto di volta in volta dell’intuito di Ruben. Sempre valido il Perlé Rosé, ma dategli un paio di anni, mentre il Perlé Nero a mio avviso mal concilia lo stile Ferrari, invece legato a doppio filo allo Chardonnay. Amo la ricchezza del Riserva Lunelli e lo preferisco al celebre e celebrato Giulio, che io continuo non capire, ma è un mio limite. Diversamente, la declinazione come Rosé del suddetto Giulio, quando infila l’annata giusta come la 2007, allora dà la paga a tutti e non teme di sedersi al tavolo insieme a grandi etichette d’Oltralpe. Ecco Ferrari a mio avviso e in breve, la cui dimensione familiare è probabilmente il suo segreto e con questa familiarità che la nuova generazione sembra – per fortuna – non voler affatto rinnegare. Così, per chiudere, più che limitarmi a posizionare Ferrari in una posizione di vertice di un’ipotetica classifica italiana, beh, andrei oltre e la collocherei nell’eccellenza vinicola a livello mondiale. Con le bollicine o meno

Alberto Lupetti

In un’ipotetica gara internazionale per la cantina che, più di ogni altra, rappresenta allo stesso tempo spirito di famiglia e adesione al proprio territorio, Ferrari avrebbe, senza ombra di dubbio, buone possibilità di piazzarsi nelle prime posizioni. Un nome che gode di un’ottima considerazione da parte della critica e degli appassionati, anche in virtù dell’affidabilità e della costanza qualitativa che caratterizza, da sempre, i loro vini spumanti. Oggi, gran parte del buon nome della bollicina trentina lo si deve a lui, Giulio Ferrari, colui che, per primo, intuì la straordinaria vocazione spumantistica di questa zona e produsse uno dei migliori Metodo Classico al mondo. Da allora, per la famiglia Lunelli e la Ferrari di Trento è stato un susseguirsi ininterrotto di premi e riconoscimenti, un successo che coinvolge tutti noi e che punta ancora una volta i riflettori su quell’italianità intraprendente, visionaria, creativa che tutto il mondo ci invidia.

L’abbiamo già raccontata tante volte, tuttavia, è doveroso ricordare la storia di questo grande uomo. Classe 1879, appena sedicenne, dopo aver frequentato il prestigioso Istituto agrario di San Michele all’Adige, Giulio Ferrari viene mandato dal padre prima a Geisenheim e poi a Montpellier, in Francia, a specializzarsi alla scuola di viticoltura. Successivamente, dopo aver lavorato presso un celebre vivaista del luogo, si trasferisce in Champagne a Epernay, esperienza che gli dà la possibilità di apprendere la complessa tecnica della rifermentazione in bottiglia. Si narra di come, preso dall’entusiasmo, ritornò portando con sé (di nascosto) alcune barbatelle di chardonnay che, all’inizio, vennero erroneamente identificate come Pinot Bianco “Clone Ferrari”. Fondò poi una piccola cantina a Piedicastello dove nacque il noto “Champagne G. Ferrari Maximum Sec” (fino al 1947 si poteva chiamare ancora così).
Ed è nel 1937 che ottenne il suo primo riconoscimento: il Diplome de Grand Prix, a Parigi, che premiò il suo ‘Champagne’, unico fra quelli non prodotti in Francia.

Nel 1952, non avendo eredi, Giulio decise di cedere la sua attività a Bruno Lunelli, ed è qui che nasce quell’importante passaggio di testimone che ormai tutti conosciamo. Giulio rimase comunque in azienda a lavorare, passando poi il testimone a Mauro Lunelli; fu proprio quest’ultimo che, nel 1972, dopo una visita a Krug, ebbe l’idea di lanciare un vino che sostasse almeno 8 anni sui lieviti, in un tempo in cui gli spumanti in commercio attendevano in cantina poco più di 4. Creò solo poche migliaia di bottiglie utilizzando il miglior Chardonnay di proprietà e senza farne parola ai fratelli Franco e Gino. Fino a quando, nel 1980, decise di farglielo assaggiare: fu un successo. È nata così la cuvée più importante di casa Ferrari e, come qualsiasi altra grande maison spumantistica che si rispetti, a 15 anni dalla sua morte alla prestigiosa bottiglia viene dato il nome del Fondatore: Giulio Ferrari. Da allora, La Riserva del Fondatore, sole uve Chardonnay coltivate a circa 600 metri slm nel vigneto Maso Pianizza, viene prodotta solo nelle annate eccezionali.

filari Ferrari trento doc

Il progetto e il sogno di Giulio Ferrari sono stati costantemente alimentati, negli anni, dall’ineccepibile lavoro svolto dalla Famiglia Lunelli. La cantina, che viene fondata negli anni ‘60 è, da allora, in continua espansione; un’affermazione capace di infondere fiducia a un’intera zona che, da allora, si prodiga nella produzione di Metodo Classico. Bollicine di montagna con una qualità media della proposta sempre più identificativa, oltre che di spessore, e una propensione alla spumantistica che, evidentemente, è sempre stata nelle corde di questo territorio.
Dobbiamo, infine, essere riconoscenti ai Lunelli anche per l’intuizione nell’avere affidato, nel 1986, questa importante eredità del ruolo di Chef de cave a un uomo straordinario, esigente ed estremamente maniacale quando si tratta di ricercare la bollicina perfetta: Ruben Larentis.

Oggi, alla guida dell’azienda troviamo loro: Marcello, Matteo, Camilla e Alessandro. Padroni di casa premurosi e attenti, ci hanno offerto la possibilità di conoscere più a fondo lo spirito della cantina e del suo team, nonché le diverse cuvée in gamma. Vini che meritano il prestigio di cui godono in virtù di un equilibrio perfetto tra robustezza e freschezza, impreziositi da una finezza aromatica unica e straordinaria.

Vini tecnicamente ineccepibili, a partire dal Ferrari Brut, che ci ha conquistato immediatamente con la sua materia, l’energia, l’estrema bevibilità. Una spiccata e invitante ricchezza olfattiva alla quale corrisponde, qui lo stupore, una bocca tesa, dinamica, pulita e freschissima. Il perfetto aperitivo.
Stupisce anche il Maximum Rosé, molto ben fatto, di estrema personalità. Come sappiamo, i rosé solitamente sono ad appannaggio della Champagne; una tipologia, questa, che richiede estrema attenzione, maestria. Fa quindi piacere scoprire come siano riusciti a gestire magnificamente un vitigno delicato (per non dire insidioso) come il pinot nero ed esaltarne il suo lato più suadente, onorare la sua eleganza. Rosé, quelli di casa Ferrari, mai caricaturali, “ostentatamente rosé”, piuttosto, proprio come il Maximum Rosé, raffinati, delicati, di una precisione stilistica esemplare. Infine, con una fascia di prezzo che non ha concorrenti.

Siamo poi entrati nella gamma dei millesimati dove, ovviamente, si è avvertito un salto di qualità ma si è anche compreso quanto, ancora, questi vini abbiano davvero bisogno di rimanere in cantina qualche anno dopo la sboccatura. Appena immessi sul mercato, infatti, possono risultare contratti, rigidi, con difficoltà ad esprimersi. Solo il tempo farà emergere tutta la loro complessità, il loro carattere, nonché la longevità, spesso spiazzante.

9 bottiglie di spumante ferrari

Il Perlé Bianco e il Perlé Zero appartengono, invece, a tutt’altra categoria. Il Perlé Bianco per la complessità, il volume, mentre il Perlé Zero, di cui io mi sono letteralmente innamorata, per la pulizia e la tensione. Entusiasma un po’ meno il Perlé Nero, molto intenso e deciso al naso ma con una bocca che non riesce ad essere altrettanto incisiva. Ancora: i Perlé hanno bisogno di tempo. Ci siamo resi conto, infatti, che da giovani possono risultare fuorvianti. Anche per il Perlé Nero, è solo questione di tempo.

Rimane, invece, in assoluto il preferito di Alberto il Riserva Lunelli, dove la vinosità, apportata dalla vinificazione in botte, lo rende autorevole, strutturato, un grande vino. Infine, Giulio Ferrari. Uno spumante autorevole, rigoroso, pieno, vero e proprio capolavoro e dalla longevità spiazzante.

Questi, gli assaggi migliori della nostra visita:

MAXIMUM Blanc de Blancs

Prima annata in produzione: 1991.
Chardonnay 100%, oltre 30 mesi sui lieviti.
Perfezione stilistica da applausi. Intenso e raffinato, dalla trama olfattiva luminosa, raffinata, incisiva e pervasa da una mineralità sottile che si miscela alle note di nocciola, yozu, ananas, fiori e pan brioche. Per una bocca anch’essa splendente, fresca, ampia, asciutta, fresca e agrumata. Magistrale l’integrazione del legno, il sorso rimane dinamico, trasparente e succoso, generoso ma mai opulento, o materico. Un piccolo capolavoro, a tavola e ovunque. Senz’altro, per tutti.

Perlé Bianco 2013

Prima annata in produzione: 2006.
Chardonnay 100%, almeno 7 anni sui lieviti.
Un tono evolutivo sofisticato e invitante, nelle sue note suadenti di burro fresco, cenere, grafite, agrumi, pesca bianca, nocciola, caramella mou. Sfuma poi, con l’evoluzione, su note iodate e gessose, ad anticipare un sorso ampio e prorompente, dalla spiccata ossatura salmastra-minerale e con una struttura che non ne soffoca i ricami bensì li amplifica, li distende. Un vino di grande complessità, al suo perfetto punto di evoluzione e dall’impianto gustativo appagante ma anche teso e dissetante, impeccabile di dolcezza fruttata e dall’impeto salino, vibrante. Gustoso e saldo anche in chiusura, nonché di infinita persistenza.

FERRARI Perlé Zero10

Primo assemblaggio prodotto: base 2010.
Chardonnay 100%, almeno 6 anni sui lieviti. Assemblaggio di annate: 2006, 2008, 2009 e 2010 – Sboccatura 2017.

Bottiglia memorabile. Olfatto in cui si intrecciano le note di biancospino, cioccolato, muschio bianco, menta ed effluvi balsamici, penetrante e rinfrescante, incessante e incalzante anche dopo diverso tempo nel calice. Impressionante. Anche la bocca è sontuosa, intrisa di succo e sale ma anche rinfrescante, ancora balsamica, e un allungo affilato come una lama da impianto gustativo solido ma trasparente, vibrante. Da applausi per originalità, piacevolezza e talento evolutivo.

Lunelli Riserva 2008

Chardonnay 100%, almeno 7 anni sui lieviti.
Prima annata di produzione: 2002.
Il profilo è aristocratico ed è splendido il corredo aromatico ricamato da un’evoluzione che inebria nei suoi profumi di agrumi, spezie, cioccolato bianco, menta e balsami. Ricorda, a tratti, il Giulio Ferrari 2008. Anche la bocca è memorabile: di grande profondità, capace di mescolare con maestria materia, articolazione e slancio, con una progressione gustativa dall’intermittente mineralità rocciosa, calda. Infine, una persistenza che sfuma su sontuose sensazioni di spezie e moka. Grandissimo vino, ma esige qualche anno dalla sboccatura per esprimersi in tutta la sua potenza.

Giulio Ferrari 2007 Rosé

Prima cuvée in produzione: 2006.
Pinot Noir 65% (35% in rosato) Chardonnay 35%, 10 anni sui lieviti. Altre annate prodotte: 2006, 2008, 2009 –
Sboccatura Marzo 2019, Dos. 1,5 g/l.
Straordinaria interpretazione in rosa per il più grande degli spumanti italiani. L’opulenza del pinor nero e l’affinata capacità interpretativa dello Chef de cave Ruben Larentis, trovano in questa Riserva un pregevole punto d’incontro. Profumi che miscelano la pietra spaccata ai petali di peonia, la cascata di montagna ai piccoli frutti rossi, lampone e ribes, le note di grafite all’agrume scuro. E poi arancia candita, liquirizia, ancora fiori. Un’indole austera che si intreccia ad una lirica e suadente, floreale. Di bellissima quadratura per materia, finezza e articolazione anche la bocca, cristallina e progressiva, succosa di arancia e sapida, ampia, dall’acidità perentoria e inarrestabile. Infine, appassionano i vividi rimandi territoriali, che riportan alle origini e da applausi l’energia salino/agrumata che allunga nel finale donandogli una persistenza infinita. Un Borgogna con le bollicine e, forse, tra i migliori Giulio di
sempre.

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Una risposta a “Ferrari, onore al merito”

  1. personalmente ho avuto modo di confrontarmi più volte con il Ferrari perlè, in bianco ottimo in rosè mi ha davvero stupito. il brut è un metodo classico con un rapporto Q/P pazzesco, perfetto in ogni occasione (non a caso è il vino che ho scelto per il mio matrimonio). Attendono pazientemente in cantina invece il Perlè Bianco 2013 e il riserva Lunelli 2012 entrambi con sboccatura 2021. Ero indeciso se aprirli o meno ma da quello che leggo necessitano ancora di un po’ di tempo per essere approcciati al meglio

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