Ad Avize brilla una stella: Agnès Corbon
Quando iniziai a frequentare lo champagne, con il gruppo di amici romani di cui ho parlato nel libro La Mia Champagne, in una delle degustazioni settimanali fece la comparsa una bottiglia che proprio non conoscevo. Una bottiglia dalla forma insolita (per me e, soprattutto, per l’epoca: per la cronaca, si chiama ‘Trentenaire’) e, per di più, con lo spago a fermare il tappo (‘ficelle’). Quello champagne mi colpì per la sua forte personalità ed era un Brut d’Autrefois di Corbon. Il nome era per me totalmente sconosciuto e la parola vigneron mi diceva pochissimo.
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Con il passare del tempo, ho conosciuto meglio questo piccolo produttore di Avize, condotto con passione e un rigore esemplare da Claude.

Pochi anni più tardi ho iniziato ad approfondire sempre meglio questo piccolissimo vigneron di Avize, però erano altri tempi e un clima diverso, quindi, nonostante il suddetto rigore di Claude, gli champagne Corbon non brillavano per costanza e, comunque, denotavano un certo carattere… diciamo, artigianale, per non dire tendente al rustico. Tuttavia, a seguito della nascita della guida, Corbon non è mai mancato. Ed è stata questa presenza costante, quindi la possibilità di assaggiare e riassaggiare, che a un certo punto mi ha fatto intuire un cambio di passo sempre più evidente, e con tutto il rispetto per Claude, benvenuto. Cosa era successo? Che la figlia Agnès, dopo trascorsi professionali in un settore completamente diverso, aveva iniziato ad affiancare il padre nel 2006, per firmare già nel 2007 i primi assemblaggi e nel 2010 ricevere definitivamente il testimone della Maison, dopo aver ceduto al fratello 3,3 ettari a seguito della suddivisione ereditaria (che sarà il vero problema della Champagne a venire: ne parlerò in un prossimo articolo).
Agnès non ha soltanto creato nuovi champagne, ma ha reso lo stile di Corbon più preciso, pulito, scolpito, facendo compire a questa piccolissima realtà quel salto di qualità oggi più che mai necessario per emergere in una categoria, quella dei vigneron, sempre più combattuta in termini non soltanto e più di forte territorialità, ma soprattutto di qualità. Anzi, di eccellenza. E il paziente lavoro di Agnès si è riflesso anche sul ‘mostro sacro’ di casa, il suddetto Brut d’Autrefois.

Claude Corbon è stato tra i primissimi a fare uno champagne di sola réserve perpétuelle, in botte tra l’altro. Questo modo di conservare le riserve e, magari, farne uno champagne, è piuttosto in voga oggi in Champagne, ma quarant’anni fa proprio no. Qualche vigneron (ad esempio René Geoffroy) aveva iniziato la réserve perpétuelle già sul finire degli anni ’70, è vero, gli Huré hanno cominciato nel 1982, Anselme Selosse ha gettato la prima pietra del Substance (che però è un Solera) nel 1986, tuttavia mi sembra proprio che di champagne fatti di sola réserve perpétuelle, quindi senza impiegarne un tot come vini di riserva, in quegli anni non ci fosse. Insomma, credo che la primogenitura spetti proprio a Claude Corbon.
Bene, cos’è la réserve perpétuelle?
Ipotizziamo di avere un tino (o una botte) con i vini dell’ultima vendemmia e un altro con quelli dell’anno prima. Arriviamo alla primavera successiva alla vendemmia quando li prendiamo entrambi per assemblarli e imbottigliare il nostro champagne (oppure farlo un anno più tardi, in modo da ‘fondere’ al meglio i vini). Però, non metteremo in bottiglia l’intera massa di vino, ma ne conserveremo una parte, che a questo punto sarà fatta di due annate, non più di una sola. L’anno dopo l’operazione si ripeterà e così via, fino ad avere un tino composto come lo schema qui sotto (che per semplicità riporta una ipotetica perpétuelle 2022-2003):

Quali sono i vantaggi della réserve perpétuelle? Essendo fatta da una più o meno lunga teoria (in senso matematico) di annate, avrò senza dubbio una grande complessità. Inoltre, poiché ogni anno la massa di vini ‘vecchi’ viene rinfrescata dai nuovi dell’annata, la maturazione è sempre tenuta a bada. Poi, come detto, molti utilizzano questa réserve perpétuelle al posto dei tradizionali vini di riserva, alcuni ne fanno uno champagne. Com’è appunto, il caso di Corbon. Tuttavia, Agnès utilizza una piccola parte di questa perpétuelle anche per integrare i classici vins de réserve dei due non millesimati di casa, l’Anthracite e l’Absolument Brut.
Il Brut d’Autrefois è composto da vini dell’annata fermentati in acciaio, poi uniti alla réserve perpétuelle conservata in botte. Una volta assemblate le due masse, Agnès ne preleva il necessario per ‘tirare’ 800 bottiglie e poi rimette il vino restante nella botte. Nel corso degli anni, Agnès ha iniziato a fare vini dell’annata di solo Chardonnay di Avize, pertanto l’assemblaggio iniziale di Claude, che contemplava circa il 15% di Pinot Noir di Verneuil, si è via via modificato, diventando di fatto un blanc de blancs. Qui propongo la degustazione, fatta in occasione dell’assaggio di Corbon per la prossima edizione (2026/27) della guida Grandi Champagne, dello champagne con i vini della vendemmia 2016 quali più giovani. Dopo il tiraggio, avvenuto nella tarda primavera del 2018 (non uno, ma due anni più tardi, quindi, affinché la réserve possa amalgamarsi al meglio con i vini dell’ultima vendemmia) senza filtraggio né collaggio, le bottiglie hanno riposato sui lieviti per 6 anni, prima di essere dosate con MCR a 2,5 g/l.
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