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Libro Krug

Krug, dentro la maison e la sua storia

Un racconto veloce del libro passando attraverso i protagonisti con piccoli estratti di aneddoti e racconti. Piccoli segreti mai svelati se non addirittura dimenticati. A volte fondamentali per...
di Alberto Lupetti

maison Krug

Un racconto veloce del libro passando attraverso i protagonisti con piccoli estratti di aneddoti e racconti. Piccoli segreti mai svelati se non addirittura dimenticati. A volte fondamentali per capire la filosofia Krug e perché oggi sia (giustamente) percepita come una maison leggendaria. Con il plus dei racconti in prima persona dei protagonisti, a cominciare dallo stesso Rémi Krug, che sintetizza così l’unicità di Krug: “tutte le maison lavorano su una gamma, quindi hanno uno champagne ‘normale’, un rosato, una riserva che potrebbe essere il millesimato e poi il massimo del massimo che è la cuvée de prestige. Da Krug, invece, tutto questo non c’è”.

Oggi, suo nipote Olivier Krug lo spiega ancora meglio: “Krug è una storia fatta di uomini e donne che hanno giocato insieme o consecutivamente il proprio ruolo, senza elevarsi mai più degli altri, ovvero senza eroi. È come la Krug Grande Cuvée: è la stessa cosa ma non è mai la stessa cosa, nel suo essere un insieme di tantissimi elementi che lavorano all’unisono. A proposito degli champagne Krug, la Krug Grande Cuvée non è un sans année, il Krug Millésimé non è ‘semplice’ millesimato, il Krug Rosé non è un rosato come siamo abituati a inquadrarlo… Per tutti questi motivi Krug è unica”.

Krug e Jacquesson…

È pensare che tutto iniziò da un uomo, Joseph Krug, che di champagne non sapeva nulla, era un contabile, ma aveva intuito le potenzialità di questo vino e inizio a lavorare da Jacquesson facendosi strada unicamente grazie alla proprie qualità. Per questo, viene ben presto notato dal suo datore di lavoro, Adolphe Jacquesson, che già nel 1835 gli esprime la sua gratitudine per iscritto:

Noi due insieme raggiungeremo, lo spero, tutti gli obiettivi che ci siamo prefissati. Che vuol dire per me consolidare la maison creata da mio padre e per voi, caro M. Krug, assicurarvi un futuro roseo con questa unione. Tutto ciò grazie ai vostri buoni consigli e ai vostri sforzi, che hanno contribuito in maniera importante alla prosperità di questa maison”.

Joseph risponde con la medesima modalità (e tono):

Siete troppo lusinghiero, sia in virtù della vostra amicizia, sia della dimostrazione della vostra soddisfazione dei miei modesti servizi. Sono estremamente colpito e non so come esprimere la mia gratitudine. Quindi, caro M. Jacquesson, mi limiterò a dire: contate su di me per tutta la vita, come io conterò su di voi”.

È in questo periodo che Joseph, da uomo della contabilità, inizia a diventare man mano uomo del vino e questo gli permette di iniziare a dare forma alla ‘sua’ idea di champagne. Rendendosi allo stesso tempo conto che Jacquesson stava puntando troppo alla quantità a discapito della qualità…

In un suo appunto a proposito del mercato tedesco scriveva:

il vino (quello di Jacquesson, N.d.A.) non è abbastanza buono, non è allo stesso livello di quello di Schneider (che diventerà poi Louis Roederer, N.d.A.), Heidsieck e Lambry (uno dei tre soci che diedero vita a quella che è oggi Deutz, N.d.A.), che qui hanno conquistato il mercato con vini poco alcolici che la gente non vuole pagare più di 2 Talleri la bottiglia (Tallero: conio d’argento utilizzato in Germania all’epoca, N.d.A.). Invece, quando prepareremo i nostri nuovi assemblaggi, dovremo puntare a vini più corposi. La concorrenza fa paura, sì, ma non combineremo nulla se non faremo vini meno che eccellenti, il che significa prestare attenzione anche ad aspetti quali l’imbottigliamento (il tiraggio, N.d.A.) e la bollicina”.

1843, nasce la ‘Krug & Cie’

Il 1842 vede il divorzio tra Krug e Jacquesson e l’anno successo Joseph può finalmente concretizzare la propria visione con la nascita della ‘Krug & Cie’. La sua visione di champagne (fare uno champagne che non esisteva) viene trascritta nel 1848 nel celebre diario… Il primo pensiero qui annotato è di una semplicità dirompente, per questo potrebbe apparire banale. Invece, la sua essenzialità porta spesso a trascurare queste semplici regole, che sono in realtà l’architrave di un grande champagne:

un buon vino nasce da buone uve, buone botti, una buona cantina e un uomo onesto per coordinare l’insieme”.

A Joseph Krug succede il suo unico figlio Paul (I). Che si può dire essere stato il vero creatore della marca Krug. Un uomo generoso, attento alla qualità dei vigneti della Champagne tutta e al benessere dei vigneron. In merito alla generosità un fatto vale la pena sottolineare. Da quel momento, la storia di Krug va avanti di padre in figlio e si snoda in maniera talmente coinvolgente da sembrare un romanzo…

Quando il nome conta…

La storia di Krug è, naturalmente, costellata di aneddoti. Il primo, è legato proprio a Paul (I) Krug…

Alla fine dell’Ottocento, Henri Lanson si reca da Paul (I) per chiedergli un favore. Gli confessa di non essere affatto contento del suo Vintage 1887 e gli chiede se abbia un buon vino di quell’annata da vendere. Paul (I) risponde di avere un eccellente vino di quell’annata e aggiunge che, sì, può venderglielo, però gli domanda in quale mercato avrà intenzione di venderlo. “In Inghilterra” risponde Henri Lanson. Ora, vista l’importanza del mercato inglese per Krug, chiunque altro avrebbe rifiutato, ma non Paul (I), che accetta di vendergli uno stock importante di Krug 1887 come bottiglie ‘sur lattes’ (quindi ancora da ‘remuare’ e ‘degorgiare’, N.d.A.). Bene, generosità di Paul (I) a parte, qual è l’aspetto singolare di tutta questa storia? Fermo restando che sia Krug, sia Lanson erano due marchi di eccellente reputazione, soprattutto in Inghilterra, si rimane sorpresi nello scoprire che tutte le bottiglie di Krug Private Cuvée 1887 destinate al mercato inglese vengono rapidamente vendute, mentre quelle etichettate come Lanson Vintage 1887 no, a dispetto del fatto che Lanson avesse nell’Inghilterra il suo mercato principale. Poiché Henri Lanson aveva preparato solo un certo numero di bottiglie per iniziare la vendita in Inghilterra, andata male questa operazione, gran parte dello stock invenduto era ancora ‘sur lattes’ nelle cantine di Lanson a Reims, al che Paul (I) si offre di riacquistarlo e così fa. Ovviamente, queste bottiglie vanno in vendita sulla piazza inglese per quello che erano, quindi Krug Private Cuvée 1887, e stavolta finiscono rapidamente sold-out…

Famiglia Krug
Un giovanissimo Olivier Krug ritratto in cantina insieme a suo padre Henri, suo zio Rémi e la figlia di questi Caroline, coetanea del cugino.

Ma gli aneddoti non finiscono certo qui… Un altro risale all’ottobre del 1995 ed è un ricordo di Rémi: “i miei genitori ci riunirono tutti e cinque i figli e i vari nipoti per un pranzo a Les Crayères, dove all’epoca lo chef era il grande Gérard Boyer, per festeggiare i loro sessant’anni di matrimonio. Il menu era stato accuratamente scelto da mio padre e i vini, anch’essi selezionati personalmente, riflettevano le sue passioni: Krug Grande Cuvée, Krug 1955 e Domaine de Chevalier 1964, uno dei suoi rossi preferiti. A metà del pasto, arriva il maître con una bottiglia coperta da un fazzoletto bianco e la serve a mio padre, che non ne sapeva nulla. Così guarda sul menu e non trova nessuna traccia di questo vino misterioso, che nel bicchiere aveva un colore dorato e una bollicina molto leggera. L’olfatto lo indicava certamente come un Krug, così mio padre si gira verso me e mio fratello e ci chiede ‘cosa mi state servendo?’. Henri gli risponde ‘papà, è una sorpresa, ma credo proprio che tu non avrai problemi a dirci di cosa si tratta…’. Mio padre assaggia un sorso, riflette un momento, prende un nuovo sorso, si gira verso di noi e ci fa ‘non mi dite che è il Krug 1904!?’. Mio fratello gli risponde ‘sì papà… bravo!’. Scegliemmo quel millesimato, oramai ovviamente esaurito, perché era lo champagne servito al pranzo di matrimonio dei miei genitori, nell’ottobre del 1935. Ebbene, nostro padre ci diede ancora una volta la prova eclatante dell’acume dei suoi gusti”.

Il Krug 1904 tanto amato da Paul (II) e fatto all’epoca da suo nonno e suo padre era un altro Krug atipico, assemblato quasi interamente con vini di Aÿ e di Avize.

L’occasione migliore per stappare Krug…

I ricordi simpatici di Rémi Krug sono numerosi e non mancano quelli connessi alla sua energica attività di ‘ambasciatore’ Krug nel mondo, in particolar modo in Italia. È passata alla storia la risposta che diede quando gli fu chiesto quale fosse, a suo avviso, l’occasione migliore per stappare una bottiglia di Krug: “non potete immaginare le volte che mi son sentito domandare ‘signor Rémi, ho una bottiglia del vostro meraviglioso Krug 19xx ma non ho ancora trovato un’occasione abbastanza importante per aprire questa bottiglia, cosa mi suggerisce?’. Per carità, questo è senza dubbio un segno di rispetto nei miei confronti, ma ne sono anche rattristato. Già, perché barricarsi nella paura di stappare la bottiglia? Pensate di attendere che la Regina d’Inghilterra suoni alla vostra porta per bere con voi quella bottiglia? Forza, apritela insieme alle persone che vi sono più care e godete di quella gioia! Insomma, createlo voi il momento d’eccezione, senza attendere un avvenimento che vi sia imposto. Una grande bottiglia non aperta non è nient’altro che una promessa, invece una bottiglia aperta è vero che è oramai andata, ma è altrettanto vero che resta fissato nella memoria il ricordo del suo gusto e del momento in cui l’avete goduta. Ciò che è effimero diventa memoria…”.

Rémi Krug
Rémi Krug.

Krug e l’assemblaggio…

Ovviamente, negli anni Rémi Krug si è fortemente adoperato per far capire Krug agli appassionati. Non a caso, era convinto del fatto che nel momento in cui una bottiglia di Krug lasciasse la cantina per il suo mercato, soltanto metà del lavoro fosse stato fatto. Per questo non si è mai stancato di visitare periodicamente le varie piazze di Krug e, non potendo farlo sempre e ovunque, si è anche adoperato per formare adeguatamente i vari importatori, che dovevano essere tutti capaci allo stesso modo, negli USA come in Francia, di argomentare Krug. E ha fatto tutto questo con una comunicazione esattamente opposta a quella tipica del vino: “non ho mai gradito di parlare di x% di Pinot Noir, y% di Chardonnay e così via perché è generico. Invece, ho preferito parlare del Pinot Noir di tale Cru e di tale parcella coltivata da quel vigneron, quindi sono andato nel dettaglio per parlare di rapporti umani. Si è trattato di una scelta e ti ho già detto che la storia di Krug è costellata non di ricette, ma di scelte fatte da ciascuna generazione. Una scelta, nel mio caso, finalizzata all’eccellenza. Quando nel 1965 ho iniziato a fare le degustazioni con mio padre, non si parlava di Pinot Noir e Chardonnay, ma di Ambonnay, di Le-Mesnil, di Mailly e di tizio e caio, quindi si parlava di Cru e di vigneron. Poi, in un secondo momento, siamo andati nel dettaglio (ricordate il discorso dell’eccellenza che è una ricerca continua? N.d.A.) e abbiamo iniziato a parlare di parcelle. Invece, le percentuali precise di assemblaggio è un qualcosa introdotto dalla stampa americana. E per me questo modo di comunicare è uno sterile elenco degli ingredienti di una ricetta che non mi è mai piaciuto. Al contrario, l’assemblaggio è una creazione che si reinventa ogni anno con quello che ci ha dato la vendemmia e questo per me ha un fascino pazzesco. La parola eccellenza, nel vino come in altri campi del buon vivere, non è qualcosa che si raggiunge e poi ci si culla sugli allora, no; è, al contrario, una ricerca continua. Non si può seguire una ricetta per arrivare all’eccellenza, ma si deve seguire il proprio talento e fare le proprie scelte”.

Henri Krug
Henri Krug.

Le degustazioni Krug

Dalle parole di Rémi Krug si scopre anche come si facevano le degustazioni da Krug. Queste si son sempre tenute in gruppo, originariamente in famiglia, poi con il contributo di figure più tecniche prese a lavorare in Maison e, a tal proposito, sappiamo che le prime videro in campo Joseph e suo figlio Paul (I), a seguire questi, suo figlio Joseph (II) e il cantiniere dell’epoca, per poi allargarsi sempre più, tanto che nel 1979 Henri Krug assume per la prima volta nella storia di Krug un tecnico vero e proprio, un diplomato in enologia. All’alba degli anni ‘70, queste degustazioni iniziavano abitualmente a metà novembre e si protraevano fino a Natale per assaggiare i vins clairs della nuova vendemmia, mentre a gennaio si riassaggiavano gli stessi vini, ma dopo il travaso (soutirage); invece, da febbraio, si iniziava con i vins de réserve, per lavorare sugli assemblaggi a marzo. Come vedremo più avanti, oggi le cose non sono cambiate di molto, anzi, quasi per niente. Rémi Krug ha fatto 57 di queste degustazioni, quindi per 57 anni al momento di scrivere (“mi chiamano ancora, hanno voglia di continuare a sentire cos’ha da dire questa vecchia scimmia…” mi ha detto divertito), ma ricorda che inizialmente erano soltanto lui, suo fratello e il cantiniere riuniti attorno al padre Paul (II): “non si parlava tanto, poche parole che erano sostanzialmente delle espressioni di tipicità nell’ambito di una percezione globale estremamente sintetica. Era stata l’autorità di nostro padre ad averci portato a parlare in questo modo, sempre preciso e moderato. Non si facevano annotazioni più articolate come oggi e la decisione se tenere o rifiutare un vino era netta e rapida, così come quella di scegliere un vino per una cuvée o un’altra. Poi sono iniziati ad arrivare gli enologi e il lavoro è cambiato, nel senso che c’era una persona in più attorno alla famiglia, però lo spirito della degustazione è rimasto invariato, sempre naturale, spontaneo, serio. La vera evoluzione apportata dall’enologo è stata proprio il modo di parlare, con note un po’ più articolate per ogni vino. Alla fine, però, tutti avevamo lo stesso scopo: creare le cuvée di Krug nello spirito e nello stile che le rende così individuali, uniche, com’erano state pensate in origine”.

Come si svolgevano nel dettaglio queste degustazioni è uno dei tanti dettagli su Krug che troverete nel libro…

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3 risposte a “Krug, dentro la maison e la sua storia”

  1. Bellissimo articolo che mi rende ancor più impaziente di avere il libro fra le mani! E sarà l’occasione perfetta per stappare il Krug 2008 che ho in cantina. A proposito (senza aspettare che suoni la regina d’Inghilterra!) quando mi consiglieresti di stapparla? A dicembre sarà ancor troppo giovane? Forse in primavera? Grazie mille

  2. Krug è il migliore dei vini un perlage unico ed inconfondibile. La storia poi degli uomini di questa maison è carica di aneddoti e vignaioli un rapporto con le vigne ed i vignaioli si sente tutto nel bicchiere da centellinare, assaporare e gustare.

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