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Il Mosnel: lo stile di una qualità costante

Questa bella realtà franciacortina è tra le mie preferite extra Champagne per via dei suoi ottimi Franciacorta che oramai assaggio con piacere da anni (ricordo la nascita dell’ottimo...
di Alberto Lupetti

bottiglie di champagne il mosnelQuesta bella realtà franciacortina è tra le mie preferite extra Champagne per via dei suoi ottimi Franciacorta che oramai assaggio con piacere da anni (ricordo la nascita dell’ottimo EBB quando ancora si chiamava N°5…). Anzi, mi sento di dire che Il Mosnel è tra quelle sole 5-6 aziende della DOCG Franciacorta degne della massima considerazione. Tra l’altro, la sua cuvée di punta, il millesimato QdE, si posiziona stabilmente sul podio delle migliori tre bollicine Made in Italy, sempre secondo me, ovviamente.

foto dei titolari de Il Mosnel, Giulio e Lucia Barzanò
Giulio e Lucia Barzanò, titolari de Il Mosnel ma, soprattutto, bravi, accorti, appassionati.

Ebbene, la scorsa settimana mi è capitato di visitare Il Mosnel insieme a un gruppo di professionisti del settore in occasione di una degustazione molto particolare organizzata da Giulio e Lucia Barzanò, che stanno guidando con passione e bravura encomiabili la cantina di Camignone di Passirano, dopo averne ricevuto le redini dalla mamma Emanuela. La signora Barboglio, scomparsa nel 2007, è stata di fatto la fondatrice dell’azienda, elevandone la tradizione vitivinicola risalente addirittura al 1836 e lo ha fatto in chiave rigorosamente qualitativa sul finire degli anni ’60, sposando al contempo anche l’arte delle bollicine dell’allora nascente DOC Franciacorta. E abbandonando uno spumante di grandissimo successo per Il Mosnel come il Pinot di Franciacorta Metodo Charmat.

cantina con botti de il mosnel
A Il Mosnel si fa un importante uso del legno per la fermentazione alcolica e l’affinamento, dal 30% al 100% a seconda della cuvée, con ottimi risultati.

Oggi Il Mosnel possiede 38 ettari di vigneti, tutti di proprietà, con i più vecchi risalenti agli anni ’80; questi vigneti, inoltre, sono siti attorno al complesso aziendale e attualmente Il Mosnel li sta convertendo alla conduzione biologica. La produzione totale si assesta sulle 250.000 bottiglie.

La degustazione voluta da Giulio e Lucia mirava proprio a sottolineare questa qualità di cui s’è detto nella sua essenza più pura, quindi non assaggiando riserve come la QdE o millesimati particolari come l’EBB, bensì il Brut, ovvero il “base” dell’azienda (il termine è brutto, lo so, ma rende immediatamente e universalmente l’idea). Al Mosnel fanno giustamente lo stesso discorso che ho sentito più volte in Champagne, ovvero che il Brut non millesimato è molto importante perché permette all’azienda da un lato di conquistare estimatori proponendo il proprio stile con un vino immediato e gradevole (ma non banale, beninteso), dall’altro di prosperare, visti i numeri importanti (il Brut rappresenta quasi il 50% dell’intera produzione). Pertanto, il Brut deve rappresentare la prima preoccupazione dell’azienda, senza derogare mai sulla qualità.

Al fianco di questo concetto di qualità applicato anche e soprattutto all’etichetta di ingresso de Il Mosnel, però, i Barzanò volevano anche capire insieme ai loro ospiti come il trascorrere del tempo influenzasse, positivamente o meno, il vino, tanto sui lieviti, quanto dopo la sboccatura, pertanto hanno ideato una verticale che ha proposto non solo diverse annate base, ma anche diverse sboccature dello stesso vino. Vediamo un po’, insieme al contributo dell’amica Laura Di Cosimo.

bottiglie della degustazione il mosnel
Le bottiglie oggetto della degustazione, ovvero il Brut in diverse declinazioni di annata base e sboccatura.

Brut
10% Pinot Nero, 60% Chardonnay, 30% Pinot Bianco
(le uve bianche sono fermentate per il 30% in legno, le nere in acciaio; i vini di riserva quotano il 30% e generalmente sono di una sola annata, la precedente alla base)

2009+2008, sboc. 01/2013
Naso intensamente fruttato di mela e mieloso, su una diffusa base floreale. È un po’ rustico, ma è stato anche appena sboccato. Bocca asciutta ma non secca (è pur sempre privo di dosaggio), segnata dallo Chardonnay e da ritorni floreali. Tanta freschezza, giusta complessità in divenire, finale sapido.

2009+2008, sboc. 10/2012
Chiuso, addirittura compresso, veramente restio a rivelarsi anche dopo una buona attesa nel bicchiere. Man mano escono fuori timidamente i tipici accenni floreali riconducibili al Pinot Bianco. Anche al palato non si esprime ancora al meglio. In questo momento dell’assaggio, decisamente un vino non nella sua fase migliore…

2009 (+2008), sboc. 06/2013
Olfatto spesso di materia ma leggerissimo sui profumi, tra florealità, frutta secca e lievi dolcezze. Bocca succosa e fresca, piacevole nella sua immediatezza, più fruttata e giustamente asciutta. Piace perché si fa bere molto bene.

2009 (+2008), sboc. 01/2013
Olfatto brillante ma delicato nell’espressività, di matrice fruttata arricchita da dolcezze di lieviti di pasticceria. Palato sempre molto fresco e floreale, di marcata immediatezza: è un lampo, pertanto come tale non colpisce, in particolar modo nell’allungo gustativo. Lascia, comunque, la bocca bella pulita.

2008 (+2007 e 2006), sboc. 10/2012
Naso vinoso da Chardonnay, quasi grasso, giustamente dolce, appena maturo, in maniera tale da catturare, da intrigare. Assaggio polposo ma fresco, asciutto, lievemente minerale. Davvero bello lo sviluppo in progressione. Molto, molto buono.

2007 (+2006), sboc. 10/2010
Bicchiere segnato da odori marcati che vanno troppo oltre le note marine. In bocca è scisso e risulta per questo il meno convincente del lotto. Controllo la scheda e vedo che l’annata non solo non è stata delle migliori, ma la vendemmia ha avuto tempistiche da Sicilia, con inizio il 6 agosto e termine il 16!

2006 (+2005), sboc. 01/2010
È il fratello maggiore del 2008, nel senso che è un po’ meno grasso, ma più elegante, rotondo, invitante. Ottima anche la bocca, fine, levigata, strutturata, anche (e sempre) fresca. Nonché ampia e fruttata, con un finale delicatamente salino. Ottimo. Complimenti.

2004 (+2003 e 2002), sboc. 06/2013
Il naso ha bisogno di un’attesa nel bicchiere per “pulirsi”, ma poi rivela tutto il suo valore, fondato su uno Chardonnay molto bello: fruttato, sottile, giustamente dolce, ma anche agrumato, per un insieme integro e complesso. Bocca rotonda e ancora fruttata, molto sapida. Non ha molte sfaccettature, ma uno straordinario sostegno acido che lo rende coinvolgente. Una vera sorpresa.

degustazione brut mosnel

Considerazioni personali

In questa singolare verticale, ho notato una grande coerenza stilistica, ma anche un netto, inequivocabile legame con l’annata di base. Insomma, la vendemmia si sente, parecchio, tanto che i vini sembrano quasi dei millesimati e sono ben distanti dal concetto di brut sans année della Champagne, dove invece ci si sforza di fare un vino sempre uguale a se stesso. È una questione di vini di riserva, qui impiegati sì al 30% (che è parecchio), ma di una sola annata, salvo rare eccezioni. Ho visto in Champagne che anche solo l’1% di un vin de réserve vecchio riesce a cambiare il carattere della cuvée e credo che il Brut de Il Mosnel potrebbe trarre vantaggio da questo. D’altronde, il 2008 e il 2004, che hanno due annate di riserva nell’assemblaggio, svettano. Giulio Barzanò è d’accordo, ma spiega che è un problema di spazio. Dice che quando potranno allargare la cantina, sarà suo desiderio investire sui vini di riserva. Bene.

bottiglia mosnel 10 anni
Sorpresa finale, piacevole e in tutti i sensi, con un Brut di quasi 10 anni.

Come ai vini di razza, poi, anche a quelli de Il Mosnel il tempo giova. Giulio Barzanò spiega che, di una stessa etichetta dell’ultima vendemmia, fanno diverse sboccature che commercializzano man mano, questo per non deludere i consumatori, abituati al loro stile proposto sempre su un versante fresco. Scelta condivisibile dal loro punto di vista, soprattutto considerando che il 95% del loro mercato è il canale Horeca con prevalenza di “wine bar”, però bisogna anche considerare che i palati attenti potrebbero trovare vini in parte diversi, come abbiamo visto con il caso dell’annata base 2009. Faccio notare che, vista la loro produzione, farei un’unica sboccatura, anche perché, proprio da questa degustazione, il Brut sembra migliorare quando matura con il proprio dosaggio. Inoltre, porterei anche la maturazione sui lieviti a 36 mesi, viste le ottime promesse del primo campione assaggiato. Vedremo.

In conclusione, un’esperienza molto interessante, soprattutto per uno “champagnista” come il sottoscritto, che ha portato alla ribalta un non millesimato sui generis, ma di grande qualità. Confermando una volta per tutte il valore di quest’azienda. Considerando il prezzo, poi…

Infine, dovrei parlare anche della nuova annata (2006) di QdE, ma questa è un’altra storia…

Suggerimenti a tema:

4 risposte a “Il Mosnel: lo stile di una qualità costante”

  1. Grazie innanzitutto per questo bel racconto, caro Alberto.
    Questa degustazione è stata un’esperienza per noi molto interessante e formativa.
    Abbiamo avuto insieme la conferma che con un lungo periodo di affinamento dopo la sboccatura il Franciacorta Brut Senza Annata esprime appieno le sue potenzialità.
    La nostra scelta è quella di aspettare circa 6 mesi dopo la sboccatura prima di venderlo anche per rispettare i tempi tecnici della filiera di distribuzione.
    Abbiamo visto in questi ultimi anni una sempre maggiore attenzione da parte del consumatore, con una buona consapevolezza che il tempo è un grande alleato anche per l’affinamento a prodotto finito.

    • Il piacere è mio, Giulio,
      e sono sicuro che le considerazioni fatte durante e dopo questa interessante degustazione possano essere utili a far crescere ancora il vostro Brut. O meglio, da crescere c’è poco, visto il valore sfoderato dal più vecchio, semmai affinare qualcosa in termini di tempi di maturazione e vini di riserva, come abbiamo ampiamente detto.
      Buon lavoro!

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