Attacco al vertice: il sofisticato Brut Réserve di Charles Heidsieck
Mentre scrivo questo pezzo, la Champagne (e gran parte delle zone vinicole d’Europa) è stata duramente colpita dalle temibili gelate primaverili, con una perdita media della vendemmia potenziale intorno al 20-25%. Speriamo solo che, come accadde nel 2012, poi l’annata sarà di qualità eccelsa…
Veniamo a noi.
Non credo che le degustazioni della nuova edizione (2018-19) della guida Grandi Champagne porteranno clamorosi cambiamenti al podio dei brut sans année, saldamente detenuto dal Brut Premier di Roederer, ciò nonostante questo eccellente champagne deve guardarsi con sempre maggiore attenzione dall’insidioso avvicinamento di Charles Heidsieck e del suo Brut Réserve. Il vero simbolo della maison di Reims ha sempre goduto di fama d’eccellenza nei migliori mercati al mondo, soprattutto nel Regno Unito e negli USA (storica piazza per CH), ma in Italia molto, molto meno, sempre a causa di distribuzioni veramente non all’altezza. Ora, con Philarmonica, le cose si stanno rimettendo progressivamente a posto e il Brut Réserve inizia a farsi finalmente e giustamente conoscere… Anche, perché, come ho avuto modo di vedere nel corso di diverse serate, chi lo assaggia se ne innamora, sia questi appassionato o bevitore estemporaneo. Anzi, con certi appassionati fan dei pas dosé a tutti i costi, mi diverto a vedere le loro facce quando rivelo che questo champagne è dosato a 11 g/l!
Ma perché il Brut Réserve di Charles Heidsieck è tanto buono? Perché nasce da un’idea di champagne nella quale la tipica regolarità va a braccetto con una complessità veramente fuori dal comune.
Ho già parlato diversi anni fa della genesi del Brut Réserve, ma è il caso di ritornarci con qualche dettaglio in più. Innanzitutto, potremmo riassumere questo champagne semplicemente con: 60/40/10. No, non sto dando i numeri, ma è questa la ‘formula’ di Charles Heidsieck per questo champagne, dove 60 sta per la percentuale di vini dell’annata base, 40 indica la componente di vins de réserve e 10 l’extra invecchiamento sui lieviti. Un plus, un ‘turbo’ se volete, visto che il Brut Réserve rimane sur lattes non meno di quattro anni, anche se in realtà si tratta di un’indicazione conservativa riferita alle prime bottiglie giunte sul mercato, mentre di solito siamo tra i cinque e i sei anni. Vorrei ricordare che il disciplinare prevedere 15 mesi, mentre la media si colloca tra i 24 e i 36 mesi di maturazione sui lieviti.
Fermi un attimo, però: 40% di vins de réserve, tra l’altro di 8-10 annate diverse vecchie fino a 15 anni rispetto all’annata base, e circa 5 anni di cantina. Beh, alla faccia del non millesimato! Stiamo parlando di qualcosa di ben sofisticato che altri chiamerebbero multimillésime se non addirittura cuvée de prestige, mentre in Charles si limitano a brut sans année. Probabilmente la maison di Reims è anche in questo caso un po’ troppo conservativa nel raccontare questo suo champagne, suo vero simbolo e protagonista del mercato… Ma le particolarità del Brut Réserve non finiscono qui, perché riporta in controetichetta sia il tiraggio (mise en cave) sia il dégorgement. Ed è un’indicazione tutt’altro che scontata per un non millesimato, al punto che sono state riportate nuovamente solo da qualche anno, nonostante si tratti di due dati importantissimi: il primo ci fa capire quale sia l’annata base (quella del 60%), il secondo quanto tempo lo champagne ha maturato sui lieviti, ma anche quanto ha riposato dopo l’aggiunta della liqueur.
In tempi non sospetti (era il 1997) Charles Heidsick, in maniera assolutamente rivoluzionaria e grazie a un’idea del suo creatore Daniel Thibault, corredava le bottiglie di un bollino colorato (di colore sempre diverso in base all’annata) che riportava la dicitura ‘Mise en cave xxxx’, dove xxxx indicava l’annata del tiraggio e, quindi, anche la vendemmia base. Il primo fu il “Mise en cave 1992”, quindi frutto principalmente di un’annata mediocre (la 1991) e di circa 5 anni sui lieviti. Purtroppo, all’epoca il mercato non era pronto per un’informazione del genere, così la confusione con il millesimato arrivò ben presto e costrinse la maison prima a spostare questa indicazione in controetichetta e poi a toglierla del tutto. Fortunatamente, con la ‘revisione’ del Brut Réserve del 2007, lo chef de cave Régis Camus ha ripristinato questa indicazione in controetichetta insieme al dégorgement, come abbiamo visto.
Tutto questo preambolo mi porta a raccontare una ‘verticale’ di ‘Mise en Cave’ che ho avuto la fortuna di fare lo scorso dicembre grazie all’attuale chef de cave, Cyril Brun. Dal 1993 (come ‘Mise en cave’) alla 1998. Cosa è emerso? Innanzitutto l’eccezionale forma di tutti gli champagne (tutti dégorgement originali, beninteso), veramente perfetti, cremosi, piacevolissimi, quindi l’assoluta regolarità di tutte le bottiglie, senza differenze apprezzabili tra un ‘Mise en cave’ e l’altro. Considerando che si tratta di bottiglie messe sul mercato tra i quasi 20 e i 13 anni fa, direi che si tratta di un risultato eccezionale. Che dimostra la bontà della formula 60/40/10 e delle intuizioni di Daniel Thibault. Poi, da appassionato, ho però iniziato a ‘fare il pelo’ a ciascuna bottiglia, guardando anche alla data del tiraggio, ma senza farmi condizionare, bensì cercando di individuare le caratteristiche di ciascuna annata base. Puntualmente trovata, così ecco il ‘Mise en cave 1992’ dimostrare una certa leggerezza nella gustativa, il ‘Mise en cave 1996’ sfiorare la perfezione (conoscete la mia predilezione per l’annata 1995), il ‘Mise en cave 1997’ essere animato da una freschezza vibrante e nettissima, per non parlare della finezza del ‘Mise en cave 1998’. Il tutto, ovviamente, a fronte di una rocciosa identità dell’etichetta, poi sublimata dall’ultimissimo Brut Réserve sul mercato, per l’occasione in magnum.
Vorrei solo ricordare che, in occasione della suddetta evoluzione del 2007, sono cambiate solo la provenienza delle uve (60 Cru in luogo dei 120 precedenti, per “rendere l’assemblaggio più preciso”) e la bottiglia, oltre a un dosaggio sceso da 12 g/l (!) a 11 g/l.
Brut Réserve
33% Pinot Noir, 34% Chardonnay, 33% Pinot Meunier
(magnum, mise en cave 2009, dég. 2013) – Beh, già il primissimo naso non solo dimostra una ricchezza inusuale per la media dei sans année, ma anche una capacità di attrarre, di conquistare, di piacere. Tanto. Il naso, infatti, è vellutato e croccante allo stesso tempo, senza dubbio fresco, molto articolato tra una netta mineralità che riporta alla pietra focaia, dolcezze che vanno dalla pesca alla crema pasticcera, spunti di polvere di caffè, richiami di lieviti da forno, una spolverata di agrumi scuri in scorza, pure le tostature. Insomma, conferma pienamente l’identità dell’etichetta, a fronte di una freschezza ancor più netta apportate tanto dall’annata base (2008), quanto, o soprattutto, dal formato. La bocca conferma tutte le impressioni olfattive: cremosità e freschezza, vivacità e immediata piacevolezza, pienezza e distensione, con uno stuzzicante finale sapido. Risultato: più lo bevi e più ti piace, più lo bevi e più lo ribevi. Provare per credere. Magari, alla fin fine, ripensando pure un attimo al dato del dosaggio…
Voto: 91/100
Non tanto l’annata, quanto il formato, come detto, pesano sul risultato finale, spingendo questo Brut Réserve al vertice della categoria. Ma a un passo ancora del Roederer, che vale questo punteggio in bottiglia standard, mentre in magnum si colloca un po’ più alto (92/100), a mio avviso. Ma stiamo parlando di due fuoriclasse…
Gli champagne Charles Heidsieck sono distribuiti in esclusiva da:
Philarmonica – tel. 030/2279601 – www.philarmonica.it
assaggiai questa cuvee l’anno scorso al Macrame ad Alassio e concorde con alcuni amici la trovammo fra le più interessanti della manifestazione anche se io il dosaggio lo patisco e ne gradirei di meno.
Accidenti, è la prima volta che sento lamentare la presenza del dosaggio nel Brut Réserve! Ha dolcezze, sì, ma sono di origine fruttata. Sarà la sua sensibilità?
Però, alla prima occasione, devo chiedere allo chef de cave di assaggiarlo enza dosaggio, sono molto curioso…
Se non erro ho visto una bottiglia di Charles Heidsiech brut reserve cona la retro etichetta dove sono riportati i seguenti dati in inglese: “Lad in chalk cellars in 2009”; “Disgorged in 2016”. E’ possibile? E, se si, cosa significa?
Certo! È la riproposizione del Mise en Cave di una volta. La prima data indica l’anno del tiraggio, la seconda il dégorgement, quindi, in questo caso, lo champagne è rimasto ben 7 anni sui lieviti: un ricordo per un non millesimato!
Veramente grazie della esaustiva risposta! Scusi se approfitto ancora della Sua disponibilità per ChiederLe, dato che al momento sto facendo degli acquisti di champagne non millesimati anche sulla base delle Sue passate indicazioni, quali sono al momento quelli da prendere in considerazione in questa categoria! So che già altre volte ha dato suggerimenti in tal senso; La ringrazerei se potesse “aggiornare” la lista!
Roederer sempre al vertice, soprattutto in magnum (veramente stratosferico);
Charles subito dietro, bottiglia oggi, magnum se si desidera invecchiare;
Bollinger a seguire, soprattutto alla luce del mio assaggio della scorsa settimana di cui parlerò lunedì prossimo;
subito fuori dal podio Gosset, Lanson, Alfred Gratien e il Fleur di Duval-Leroy.
E non ho considerato i blanc de blancs e i vigneron…
La ringrazio veramente tanto per La sua estrema gentilezza e disponibilità nel fornire Le indicazioni che le avevo richiesto.
A questo punto aspetto con molto interesse il Suo racconto dell’assaggio del Bollinger, anche alla luce delle Sue precedenti descrizioni del medesimo.
L’ha letto il pezzo su Bollinger?
Salve,
Ho letto attentamente il il pezzo sul bollinger; e l’ho trovato eccellente; come del resto tutti i suoi articoli in materia di champagne. Piuttosto, sono curioso di sapere, se possibile, quale è l’altra sorpresa alla quale accenna nel pezzo in questione!
Krug Grande Cuvée 166ème: dopo tanto tempo ho ritrovato la vera essenza di Krug!
Ancora Salve,
Volevo poi conoscere, se possibile, il Suo parere su alcuni champagne che ho comprato un pò alla cieca in una prima fase di acquisti di alcuni non millesimati trovati in offerta su siti on line: 1) Gran Cru brut reserve di Paul Bara; Gran Cru brut e premier cru non dosé entrambi blanc de blancs di Pierre Callot; 3) Brut R di Ruinart.
La saluto e mi scuso se abuso della Sua cortesia
No, non abusa certo!
Pal Bara un buon produttore, molto legato al Pinot Noir. In passato godeva di altissima reputazione, poi, come scritto in altre occasioni, ha perso un po’ lo smalto essendo un po’ rimasto legato alla vecchia scuola. Ma auspico un ritorno su ottimi livelli al più presto. Anzi, mi faccia sapere come lo trova…
Pierre Callot: so che è ad Avize e ha una lunga storia, ma mai assaggiato…
R de Ruinart: champagne volutamente universale, ma dalla bevibilità premiante.
Gentile Alberto,
la ringrazio intanto per la sua estrema disponibilità nel riscontrare le mie richieste.
Sul Paul Bara, da neofita con limitata esperienza in materia di champagne quale sono, posso dire che, bevuto due volte, mentre la prima mi è sembrato ottimo; la seconda invece non mi ha convinto (sarà stato forse anche il diverso abbinamento!). Ho trovato poi fini ed eleganti i blanc de blancs di Pierre Callot di cui Le ho chiesto parere.
Intanto, seguendo i suoi bellisimi articoli, ho comprato (e bevuto con estrema soddisfazione!) la special cuvee di Bollinger; e pure, ancora da bere, Il brut di roederer, il brut di Billecart salmon, il brut perrier jouet, e il charlese heidsieck “scovato” a 33 euro!
La saluto Cordialmente e le faccio i miei auguri per il libro che sta preparando;
(Mi piacerebbe fare un viaggio in Champagne sotto la Sua impareggiabile guida!)
Prego!
Mi faccia sapere man mano che assaggia i brut sans année citati…
Non voglio peccare di supponenza, ma me lo chiedono in tanti. Finora ho organizzato solo viaggi molto esclusivi un paio di volte l’anno, ma credo che debba organizzarne di meno estremi e più divulgativi. Il solo problema è il tempo…
Torno un attimo su questa recensione per dire che a parer mio a distanza di due anni si il sorpasso sul Roederer c’è stato.
A mio avviso il Roederer ha ancora un vantaggio in termini di densità e profondità, ma devo ammettere che il Mise en Cave 2009 oggi è veramente notevole!
Buonasera Alberto,
Questo articolo mi ha letteralmente “obbligato” a comprare subito una bottiglia di CH brut reserve, impaziente di assaggiarlo.
Noto peró nella controetichetta che la mise en cave risale al 2016, mentre il degorgmènt al 2019, quindi in teoria questo sans annè ha fatto “solo” 3 anni sui lieviti. Di meno rispetto a quello assaggiato da lei e dagli altri utenti che hanno commentato questo bellissimo articolo. Come mai secondo lei?
Ha ragione: le cose sono cambiate. Entro fine mese faccio un articolo e spiego tutto…