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Sans Année

Champagne Geoffroy: abilità, attenzione ai dettagli, passione

Come ho scritto nel libro ‘La Mia Champagne’, i vecchi champenois dicono che un produttore si giudica dalla qualità del suo sans année. Io aggiungo che si giudica...
di Alberto Lupetti

Champagne Geoffroy Pureté

Come ho scritto nel libro ‘La Mia Champagne’, i vecchi champenois dicono che un produttore si giudica dalla qualità del suo sans année. Io aggiungo che si giudica ancor meglio assaggiando questo stesso sans année senza dosaggio, in modo da apprezzarlo nella sua più limpida purezza e verificarne così l’equilibrio.

Ebbene, deve aver pensato proprio questo Jean-Baptiste Geoffroy quando ha creato il suo Pureté e lo ha battezzato così. Il nome lascia chiaramente intuire che si tratta di un non dosato, ma limitarsi a definirlo solamente come tale sarebbe riduttivo nei confronti del produttore e dello stesso vino. Chi mi conosce sa benissimo che non sono un appassionato dei pas dosé, ma sa anche che quando ne incontro uno estremamente valido, nel quale la mancanza di dosaggio non è la ragion d’essere, ma una sorta di plus, beh, non fatico affatto a premiarlo. E il Pureté rientra proprio in questo caso, anzi è forse uno dei non dosati più avvincenti dell’intero panorama champenois. Forse perché il vino si identifica benissimo nel nome e, soprattutto, denota un equilibrio che non ti fa affatto pensare all’assenza di dosaggio. Insomma, è uno di quelli champagne che bevi e vuoi riberlo e, sebbene solitamente la pensi esattamente al contrario, stavolta devo dire che trovo il Pureté superiore al dosato (Expression) da cui deriva.

Jean-Baptiste Geoffroy
Jean-Baptiste Geoffroy, terza generazione di una famiglia di RM le cui radici come vigneron si perdono nel tempo. Le sue cantine sono una sorta di dedalo su più livelli, dove in realtà si lavora con razionalità ed esclusivamente per gravità.

Merito dell’abilità di Jean-Baptiste, vigneron attento, enologo preparatissimo, grande appassionato della sua attività e dello champagne in genere. È molto sicuro delle sue scelte, Jean-Baptiste, sa bene quello che fa e perché lo fa, ma ascolta sempre i pareri altrui con attenzione. Pertanto, degustare con lui trovo che sia altamente formativo. Inoltre, Jean-Baptiste è tutt’uno con la Champagne e il suo vino. La famiglia Geoffroy, infatti, è legata al villaggio di Cumières (Vallée de la Marne, Premier Cru al 93%) da oltre tre secoli, ma è solo negli anni ‘50 con Roger che compie il passo per diventare produttore. Come scritto nel libro, sono quegli gli anni dello sviluppo del fenomeno dei vigneron, e, dopo gli inizi quasi pionieristici, la marca è ben presto consolidata tra i primissimi RM. La scomparsa prematura di Roger costringe il figlio René a entrare ben presto in campo ed è questi a sviluppare la maison con il proprio nome nella natia Cumières. René ci sa fare e per questo ricopre anche ruoli apicali in senso al SGV, ma è il suo lato umano il suo punto di forza. L’ho conosciuto e ho assaggiato gli champagne fatti da lui: posso solo dire che spero di fare il bis al più presto!

Dalla fine degli anni ‘80 è la volta di Jean-Baptiste, che, prese definitivamente le redini della maison Geoffroy insieme a sua moglie Karine, nel 2008 sposta tutto, abitazione, uffici e cantine, ad Aÿ, in una bellissima struttura del XIX secolo che era stata la sede della cooperativa Cogevi (Collet), nel frattempo spostatasi di qualche centinaio di metri in una struttura più moderna.

Il resto è storia nota: Jean-Baptiste cura ogni singola parcella in maniera ‘personalizzata’, pressa in due classiche Coquard, vinifica a seconda dei mosti in acciaio o legno di vari tagli, non svolge la malolattica, persegue lunghe maturazioni sui lieviti, dosa molto basso. Soprattutto, non è legato a ricette o schemi prefissati, ma si affida di volta in volta alla sua esperienza e alla sua sensibilità. Non a caso, produce anche tre Coteaux Champenois Rouge assolutamente da provare, veri emblemi della più antica tradizione, soprattutto il Pinot Noir millesimato.

Champagne Expression
Il medesimo champagne con dosaggio (poco, è un extra-brut) e senza, ma con due anni di differenza. E la ‘formula’ funziona, eccome!

In tutto questo ambito, come si colloca il non dosato? Tutto ha inizio nel 2007, quando Jean-Baptiste decide di confrontarsi con i pas dosé, di dire la sua su questo fenomeno in evidente crescita. Sceglie la strada apparentemente più semplice, in realtà più insidiosa: proporre il suo classico non millesimato anche come non dosato, oltre che come extra-brut. Lo fa certo della bontà del vino, della sua ricchezza (i vins de réserve quotano il 35% e sono fatti di una réserve perpétuelle di assemblaggi precedenti iniziata dal padre più di 40 anni fa!), del suo perfetto equilibrio, ma lo fa con intelligenza: tarda di due anni l’uscita del non dosato rispetto al corrispondente extra-brut. In parole povere, quando Jean-Baptiste inizia il dégorgement del tiraggio X dell’Expression, blocca in cantina circa 12.000 bottiglie del medesimo tiraggio, che lascia altri due anni sui lieviti (per complessivi quattro e mezzo) e solo allora ripropone finalmente lo champagne come Pureté. Altri produttori propongono il medesimo champagne come brut e come pas dosé, di solito con un anno di differenza, invece Jean-Baptiste raddoppia questo tempo ed è forse questo il suo asso nella manica. Pertanto, se ora abbiamo sul mercato dell’Expression base 2015, il Pureté è invece base 2013.

Prima di scoprirlo, però è bene fare alcune precisazioni. La prima: leggendo la controetichetta dell’Expression e del Pureté si scoprono due annate in assemblaggio. In realtà, l’annata più recente (che quota il 65%) è la base, l’altra annata sta a indicare l’assemblaggio precedente, che però è una réserve perpétuelle, come detto poc’anzi. La seconda: l’assemblaggio dell’attuale Expression è 35% PN, 30% CH, 35% MN, invece quello del Pureté è diverso… che succede? Con il tiraggio del 2016 Jean-Baptiste ha cambiato l’assemblaggio del non millesimato, quindi l’Expression attuale è il primo del genere, mentre in Pureté, avendo due anni di ‘ritardo’ ha ancora l’assemblaggio precedente.

Controetichetta Champagne Geoffroy Pureté
In controetichetta tutte le informazioni utili per l’appassionato, ma l’indicazione di due annate è fuorviante… l’annata più vecchia indica in realtà una teoria di assemblaggi precedenti in ‘Solera’.

Pureté

Bottiglia di Champagne Geoffroy Pureté40% Pinot Noir, 10% Chardonnay, 50% Pinot Meunier
dég. dic. 2019 – Avvicinando il naso al calice, non si ha soltanto l’idea netta di champagne, ma la si ha di un gran bello champagne. Innanzitutto completo – ci sono freschezza, mineralità e frutto -, ma anche attraente, vivace, pulito, netto, vibrante, perfino arricchito da una vena ‘profumata’ di fiori di campo. La bocca non è meno confortante, perché ritorna la grande freschezza che va a braccetto con una pulizia straordinaria, figlia non banalmente dell’assenza di dosaggio, ma di una materia naturalmente nitida, brillante, energica, soprattutto precisa. Che si traduce in uno sviluppo fruttato e ancora intensamente minerale, a culminare con una chiusura addirittura salina, gustosamente sapida. È magnificamente champagne, come detto, ed è buono, molto buono, tanto da non farti mai pensare al fatto che sia un non dosato. Però, quando a un certo punto lo ricordi e ti viene in mente che è anche senza malolattica, allora rimani di stucco. In altre parole, ecco il piacere di bere (bene). Bravo Jean-Baptiste!
Voto: 92/100

Tappo Champagne Geoffroy Pureté

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Apoteca – tel. 0721/538250 – info@apotecaclub.it

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11 risposte a “Champagne Geoffroy: abilità, attenzione ai dettagli, passione”

  1. Salve sig. Lupetti, in merito a questo produttore mi permetto di consigliarle il blanc de rosè…estremamente interessante. A presto.

    • Lo so, lo so. Spesso lo preferisco al Rosé de Saignée del medesimo produttore.
      Grazie della segnalazione, comunque.

  2. Buongiorno, volevo chiederle due cose su due bottiglie da me custodite in cantina.
    La prima è La vigne aux gamins 1999, vorrei sapere un suo giudizio e se può davvero essere arrivato il momento di berla.
    La seconda è il philipponat royale reserve magnum degorgiata nel 2012 sempre un suo parare e dopo quanto tempo sarebbe l ‘ideale aprirla.
    Grazie e ho appena comprato il libro.

    • Allora, il blanc de blancs parcellare di Thiénot ha assolutamente bisogno di tempo e direi che questa sua bottiglia ha riposato il giusto. Considerando anche che i 1999 iniziano a essere particolarmente espressivi proprio al momento…
      Philipponnat: a naso potrebbe essere un base 2007, ipotizzando 4 anni sui lieviti. Considerando che è comunque un sans année e che ha otto anni di dégorgement, sebbene sia una magnum io direi che è arrivato il momento!
      Mi faccia sapere

      • Buongiorno, mi ero sbagliato per quanto riguarda il Philipponat royale reserve magnum, il degorgement era stato fatto ad Aprile 2008 e non nel 2012 come pensavo, detto questo si è conservato meravigliosamente nella mia cantina per almeno 10 anni, colore dorato incredibile e perlage davvero importante.
        Non rimane che assaggiare anche il Thienot.
        Buona serata.

  3. Buongiorno, questo champagne l’ho prenotato in alternativa al Exlusiv’t di Eric Taillet che desideravo tanto, ma che per ragioni pratiche non mi è stato possibile acquistare.
    Ora, visto che Pureté ha una quota importante (50%) di Meunier, sono a chiederle se i due vini sono in qualche modo assimilabili come qualità, ma soprattutto come finezza e complessità.
    Grazie e saluti

    • No, completamente diversi. Finezza la hanno tutti e due, complessità forse ne ha più il Geoffroy, che non è dosato, quindi più teso e asciutto. Per questo lo trovo un po’ più da appassionati, sebbene abbia una bevibili straordinaria, invece il Taillet è un po’ più fruttato, quindi più immediato e trasversale. Però, visto che il prezzo non è elevato, può provarli entrambi…
      Mi faccia sapere.

  4. Molto bene….ho già comprato Geoffroy e in base a quanto mi dice, sono contento della scelta.
    A natale avevo preso Empreinte 2014, sono curioso!
    Vorrei sempre bere vini per appassionati (nel particolare significato che dà lei al termine), ma ahimè i prezzi sono il più delle volte poco abbordabili.
    Le saprò dire
    Saluti

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